Diffamazione a mezzo social
Cos’è e come ottenere tutela
Se hai subito una diffamazione a mezzo social è importante sapere che ci sono mezzi per ottenere protezione legale.
Ma non devi affrontare questa situazione da solo.
Noi di Unione dei Consumatori possiamo fornirti supporto legale per risolvere questo delicato problema.
Cos’è la diffamazione a mezzo social
La diffamazione a mezzo social si verifica quando qualcuno lede la reputazione altrui tramite mezzi di comunicazione come la stampa, la pubblicità e piattaforme come Facebook, Instagram, Whatsapp, attraverso commenti o immagini offensive.
Questo avviene perché anche se i messaggi sono rivolti a un pubblico ristretto, hanno il potenziale di raggiungere un vasto uditorio.
Quando si subiscono queste condotte, trattandosi di un reato, occorre sapere che per la vittima sorge il diritto a richiedere un risarcimento per diffamazione, e noi possiamo aiutarti ad ottenerlo.
Le tutele per chi subisci diffamazione sui social
Nel caso in cui tu sia stato bersaglio di diffamazione sui social network, il primo passo consigliato è la raccolta di prove, come ad esempio effettuare uno screenshot del commento lesivo, fondamentale qualora si decida di intraprendere azioni legali, fornendolo come elemento di prova.
È importante sapere che esiste anche la possibilità di agire solo in ambito civile, mirando al risarcimento per i danni morali e materiali subiti.
Inoltre, per una protezione immediata, possiamo richiedere provvedimento cautelare, il quale permette di ottenere l’eliminazione veloce del contenuto diffamante, limitando così la sua diffusione.
Se ti trovi ad affrontare una situazione simile e desideri far valere i tuoi diritti, il nostro team è pronto a supportarti nella tua battaglia per la giustizia.
Come ti aiutiamo in caso di diffamazione sui social
Siamo consumatori come te, (ci distinguono solo i ruoli) pertanto comprendiamo perfettamente le tue difficoltà nel far valere i tuoi diritti.
Siamo qui per ascoltarti e sgravarti da ogni preoccupazione, perché con passione e competenza, ci mettiamo la faccia per aiutarti ad ottenere giustizia e tutela dalle offese subite a seguito di diffamazione sui social e il risarcimento dei danni che ti spetta.
Ti offriamo assistenza qualificata, con avvocati specializzati in materia che ti aggiorneranno sull’avanzamento della pratica e che lavoreranno per te.
Se invece vuoi ulteriori notizie inerenti l’argomento, vai in basso nella sezione per saperne di più.
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Requisiti della diffamazione a mezzo social
La diffamazione sui social si verifica in presenza dei seguenti requisiti che definiscono questo reato:
- assenza dell’offeso: la vittima delle accuse, conosciuta come il soggetto passivo, non deve essere presente o consapevole del reato mentre avviene. Questa mancanza di possibilità per la vittima di difendersi contribuisce a delineare la gravità della situazione e distingue la diffamazione dall’ingiuria.
- offesa alla reputazione: la diffamazione si manifesta attraverso azioni che danneggiano un diritto protetto dalla Costituzione, come l’onore e la reputazione di un individuo. Si tratta quindi di un reato di pericolo, in cui viene valutato il potenziale impatto dannoso del comportamento, anche se questo rimane solo teoricamente possibile.
- comunicazione con più persone: la diffamazione avviene attraverso la divulgazione delle accuse a una pluralità di individui, contribuendo così a amplificare il danno alla reputazione della vittima.
Diffamazione sui social esempi
La diffamazione sui social network rappresenta una forma specifica di attacco alla reputazione altrui.
Tale comportamento è sanzionato dall’articolo 595, terzo comma, del Codice penale, il quale prevede una pena che va da sei mesi a tre anni di reclusione o una multa non inferiore a 516 euro per chi danneggia l’onore di qualcuno mediante la stampa o altri mezzi pubblicitari.
Secondo la Corte di Cassazione, i social network rientrano nella categoria dei mezzi pubblicitari, dato che un messaggio, anche se condiviso in un circolo ristretto di contatti, ha il potenziale di raggiungere un pubblico vasto e indeterminato, configurandosi così come una forma di diffamazione aggravata.
La diffamazione sui social può avvenire tramite commenti offensivi pubblicati su piattaforme come Facebook, Instagram, WhatsApp, ecc., che includano, ad esempio, accuse di essere mafioso o corrotto, oppure tramite la condivisione di immagini o caricature denigratorie.
Sebbene sia consentito esprimere critiche su questioni o persone, queste devono basarsi su fatti concreti, essere formulate in modo equilibrato e rispettoso della dignità e della professionalità altrui, e devono presentare un interesse collettivo.
Criticare apertamente qualcuno, anche facendo riferimento a fatti giudiziari conclusi, può costituire diffamazione qualora l’affermazione venga resa in un contesto umiliante e calunnioso, come sottolineato dalla sentenza n. 475 del 2015 della Corte di Cassazione.
Dunque se ne sei stato vittima e cerchi tutela, noi possiamo aiutarti.
Cosa si rischia per diffamazione sui social
Nel contesto dei social network, la diffamazione è soggetta alle sanzioni stabilite dall’articolo 595, comma 3, del codice penale, che classifica tali azioni come una forma di diffamazione aggravata, pertanto soggetta a pene più rigorose rispetto a quelle previste per la diffamazione di base.
La normativa prevede, per chi si rende colpevole di tale reato, una sanzione che varia dalla reclusione di sei mesi a tre anni oppure al pagamento di una multa non minore di 516 euro.
La Corte di Cassazione ha definito questa categoria di diffamazione come aggravata (Cassazione n. 50/2017), in virtù della sua capacità intrinseca di diffondersi rapidamente e potenzialmente raggiungere un’audience vasta e non quantificabile, a causa della natura stessa dei social network e delle tecnologie di comunicazione.
Diffamazione sui social: prove
Se ti trovi nella situazione di essere oggetto di diffamazione sui social network, uno degli elementi di prova fondamentali è senz’altro la conservazione dello screenshot della conversazione, in particolare del commento diffamatorio.
Grazie a questo commento e all’identificativo fornito, le autorità competenti potrebbero individuare l’autore della diffamazione.
Le successive indagini condotte dalle autorità si concentreranno sull’individuazione del codice ID, che identifica in modo univoco e preciso l’account di ogni utente sui social network, e sull’indirizzo IP, che fornisce informazioni sul punto da cui è stata effettuata la connessione a Internet.
Tuttavia, la Corte Suprema ha stabilito che anche il solo pseudonimo dell’account può essere considerato sufficiente come prova, a condizione che non ci siano dubbi sul fatto che le dichiarazioni diffamatorie siano effettivamente state pubblicate dal proprietario dell’account stesso.
Noi possiamo assisterti per garantirti tutela e giustizia.
Come tutelarsi dalla diffamazione sui social
È importante considerare le opzioni disponibili per la vittima di diffamazione sui social.
La diffamazione può essere considerata un reato penale (art. 595 c.p.), ma può anche avere implicazioni civili.
La vittima ha la libertà di decidere se presentare una querela e costituirsi parte civile nel procedimento penale per richiedere un risarcimento, o perseguire solo azioni legali civili.
L’azione civile non è preclusa nel caso in cui la vittima scelga di non presentare una querela. Inoltre, se la vittima agisce sia civilmente che penalmente, l’esito assolutorio del procedimento penale non influisce sul procedimento civile, a condizione che quest’ultimo sia stato avviato prima della sentenza penale di primo grado e che l’azione civile non sia stata trasferita al procedimento penale.
Se vuoi procedere, noi siamo qui per te.
Ingiuria sui social
La diffamazione, come è noto, implica ledere la reputazione e l’onore di qualcuno tramite la comunicazione con terzi, senza il coinvolgimento diretto della persona offesa.
Al contrario, l’ingiuria si distingue dalla diffamazione in quanto rappresenta un affronto all’onore o al decoro di una persona presente, anche se questa presenza può essere solamente virtuale.
La Corte di Cassazione ha chiarito questa distinzione in un caso in cui un individuo ha inviato messaggi offensivi tramite i social network in una chat in tempo reale, mentre la persona insultata era online (Cassazione n. 44662/2021), stabilendo che si configurava il reato di ingiuria e non quello di diffamazione.
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