La normativa sul demansionamento
I casi di illegittimità e come tutelarsi
Il demansionamento si configura attraverso l’assegnazione del dipendente a mansioni inferiori rispetto a quelle per cui è stato originariamente assunto.
Nell’articolo ti spieghiamo il significato di questo istituto, qual è la normativa di riferimento, gli obblighi delle parti coinvolte e le possibili conseguenze per i dipendenti.
E se si tratta di un caso di demansionamento illegittimo, noi di Unione dei Consumatori siamo un’associazione specializzata in diritto del lavoro e possiamo aiutarti a far valere i tuoi diritti, provando il danno subito.
INDICE
- 1 Cos’è il demansionamento
- 2 La normativa di riferimento sul declassamento lavorativo
- 3 Demansionamento del lavoratore con accordo tra le parti
- 4 Altre ipotesi di demansionamento
- 5 Demansionamento e retribuzione
- 6 Come difendersi dal demansionamento
- 7 Risarcimento danni per demansionamento
- 8 La prova del danno da declassamento lavorativo
Cos’è il demansionamento
Il demansionamento professionale è una forma di “mobilità verso il basso” e consiste nell’assegnazione al dipendente di compiti o mansioni di livello inferiore rispetto a quelli per i quali è stato originariamente assunto, o addirittura la rimozione di mansioni precedentemente svolte. Questo fenomeno, sebbene presenti alcuni limiti, rappresenta una forma di esercizio del diritto di variazione da parte del datore di lavoro.
A seconda delle circostanze, il demansionamento può però influire sulla dignità e sulle competenze professionali del lavoratore, ma può anche evitare la perdita del posto di lavoro.
Per questo motivo, di recente il legislatore ha deciso di intervenire per mitigare e regolamentare il divieto assoluto originariamente previsto dall’art. 2103 del Codice Civile, introducendo una disposizione che permette di modificare le mansioni del lavoratore in caso di riorganizzazione aziendale entro specifici limiti.
L’obiettivo è bilanciare l’interesse dell’impresa a utilizzare il personale in modo produttivo con l’interesse del lavoratore a preservare il proprio posto di lavoro, la propria professionalità e le proprie condizioni economiche e di vita per sé e per la propria famiglia.
La normativa di riferimento sul declassamento lavorativo
In attuazione del cosiddetto Jobs Act, l’art. 2103 del Codice Civile, intitolato “la prestazione di lavoro”, è stato modificato dall’art. 3 del Decreto Legislativo 81/2015.
Questa modifica legislativa, in linea con la flessibilità organizzativa riconosciuta al datore di lavoro, consente il demansionamento quando si verificano determinati casi:
- modifiche nella struttura organizzativa dell’azienda che influiscono sulla posizione del lavoratore
- previsioni esplicite nei contratti collettivi.
In entrambe le situazioni, il lavoratore può essere assegnato a mansioni di livello inferiore rispetto a quello attuale, purché rimangano all’interno della stessa categoria professionale definite dall’art. 2095 del Codice Civile-
Secondo quanto stabilito dall’art. 2103 del Codice Civile:
- il mutamento di mansioni deve essere comunicato per iscritto al lavoratore, altrimenti sarà considerato nullo
- se necessario, il datore di lavoro ha l’obbligo di formare il dipendente per le nuove mansioni assegnate.
Se queste formalità non sono state rispettate, puoi ottenere giustizia e noi siamo qui per aiutarti.
Demansionamento del lavoratore con accordo tra le parti
Secondo la normativa vigente, le parti possono stipulare accordi che comportino la modifica delle mansioni, della categoria di appartenenza e del livello di inquadramento del lavoratore.
Tuttavia, considerando la posizione di svantaggio del lavoratore all’interno del rapporto di lavoro, tali accordi, noti come patti di declassamento, possono essere conclusi a condizione che la modifica avvenga per motivi rilevanti a vantaggio del dipendente, tra cui:
- la salvaguardia del posto di lavoro (in alternativa al licenziamento)
- l’acquisizione di nuove competenze professionali
- li miglioramento delle condizioni di vita proprie e della propria famiglia.
La stipula di tali accordi dovrà avvenire presso sedi “protette”, come la commissione provinciale di conciliazione istituita presso la Direzione Territoriale del Lavoro, università pubbliche e private, fondazioni universitarie o organizzazioni sindacali.
Con il patto di declassamento, che può essere previsto dai contratti collettivi, il datore di lavoro può modificare:
- le mansioni del lavoratore
- il livello di inquadramento
- la retribuzione.
In questi casi potrai richiedere la nostra assistenza in quanto associazione di consumatori.
Altre ipotesi di demansionamento
Prima dell’introduzione del Decreto Legislativo n. 81/2015, la normativa prevedeva già misure volte a garantire una ricollocazione efficace delle risorse e evitare eventuali licenziamenti per giustificato motivo oggettivo quando si verificavano situazioni di impossibilità professionale nell’adempimento del proprio incarico.
In tali casi, il lavoratore soggetto a demansionamento è assegnato a mansioni inferiori a quelle svolte abitualmente, nei seguenti contesti:
- nel caso in cui diventasse fisicamente o psicologicamente inadatto a svolgere la mansione per cui era stato originariamente assunto (art. 42 del Decreto Legislativo n. 81/2008)
- se le mansioni originarie fossero pericolose per la salute di una lavoratrice in stato di gravidanza, durante il periodo di gestazione e fino a 7 mesi dopo il parto, potrebbe essere assegnata a mansioni inferiori che comportano un minor rischio (art. 7 del Decreto Legislativo n. 151/2001).
Demansionamento e retribuzione
Attraverso il demansionamento, che implica l’assegnazione del lavoratore a mansioni inferiori, non si verifica una riduzione del trattamento economico.
La legge garantisce il mantenimento della stessa retribuzione che il lavoratore aveva con la precedente mansione. In altre parole, il dipendente mantiene lo stesso livello di inquadramento e gli stessi emolumenti economici che gli spettavano in precedenza.
Tuttavia, c’è un’unica eccezione: non devono essere mantenuti gli elementi retributivi strettamente legati alle mansioni svolte in precedenza. Ad esempio, potrebbe non essere mantenuta l’indennità correlata a una specifica mansione.
Come difendersi dal demansionamento
La riforma dell’art. 2103 del Codice Civile ha contribuito a ridurre l’abuso del jus variandi o demansionamento, limitando i casi in cui l’assegnazione del lavoratore a mansioni inferiori fosse avvenuta in modo arbitrario e illecito.
Tuttavia, nel caso in cui il dipendente ritenga di essere stato oggetto di un demansionamento illegittimo, ha il diritto di adire il tribunale per ottenere il riconoscimento della qualifica corretta. Se il demansionamento rappresenta un ostacolo insormontabile per la prosecuzione del rapporto di lavoro, il dipendente ha il diritto di dimettersi per giusta causa.
E nei casi più gravi, può anche richiedere un risarcimento dei danni subiti.
Dal punto di vista pratico, sarà necessario:
- inviare una lettera al datore di lavoro e cercare di risolvere amichevolmente le controversie
- se la lettera non produce gli effetti desiderati, è possibile presentare una causa davanti al tribunale in qualità di giudice del lavoro.
All’esito del processo, si valuterà se il demansionamento è stato effettuato in violazione della normativa prevista dal nuovo art. 2103 del Codice Civile, e si potranno adottare le seguenti misure:
- ripristinare la situazione precedente
- condannare il datore di lavoro al risarcimento dei danni al lavoratore.
Dunque, se vuoi ricevere la tutela che ti spetta, noi siamo qui per aiutarti. Un nostro avvocato esperto in materia si occuperà del tuo caso valutando la soluzione più adatta.
Risarcimento danni per demansionamento
Il demansionamento può causare danni al lavoratore, come ad esempio la perdita di professionalità, la lesione della dignità e la delusione delle aspettative lavorative.
Questi danni possono essere di natura patrimoniale e non patrimoniale:
- i danni patrimoniali consistono in perdite economiche dovute alla riduzione delle capacità professionali del lavoratore, che si traducono nella mancata acquisizione di competenze e nella perdita di opportunità di guadagno e di trovare altre occupazioni presso diversi datori di lavoro
- i danni non patrimoniali possono includere lesioni morali alla personalità o danni biologici o esistenziali.
Tuttavia, come precisato dalla Cassazione (Cass. civ. Sez. lavoro, Sent. n. 13484/2018), “nel demansionamento non è possibile configurare un danno risarcibile in re ipsa, poiché quest’ultimo rappresenta una conseguenza possibile, ma non necessaria, della violazione delle norme relative al divieto di demansionamento.
Ricorda
L’entità oggettiva del pregiudizio derivante dal demansionamento (e il nesso causale) deve essere provata dal lavoratore che richiede il risarcimento, anche attraverso presunzioni. E noi possiamo aiutarti ad ottenere ciò che ti spetta.
La prova del danno da declassamento lavorativo
In relazione alla prova del danno, esistono diversi orientamenti giurisprudenziali. Tuttavia, ci sono due punti di estrema importanza:
- secondo la sentenza delle Sezioni Unite del 24 marzo 2006, n. 6572, “il lavoratore deve dimostrare il nesso di causalità tra l’inadempimento e il danno e deve specificare quale danno ha subito”. Pertanto, il lavoratore deve fornire prove del danno sin dalla presentazione del ricorso iniziale
- la Cassazione civile, Sezione Lavoro, nella sentenza del 3 luglio 2018, n. 17365, ha affermato che “quando il lavoratore afferma di essere stato sottoposto a un demansionamento a causa di un inadempimento del datore di lavoro ai sensi dell’art. 2103 c.c., è compito di quest’ultimo dimostrare di aver adempiuto correttamente al proprio obbligo”. Il datore di lavoro può dimostrare ciò mediante la prova della mancata effettuazione del demansionamento o la prova che esso era giustificato dal legittimo esercizio dei poteri imprenditoriali o disciplinari. In alternativa, può invocare l’art.1218 c.c., sostenendo che l’impossibilità di eseguire la prestazione era dovuta a una causa non imputabile a lui.
ConclusioniCome ti aiutiamo in caso di demansionamento illegittimo
Siamo un’associazione di consumatori e da oltre 10 anni forniamo assistenza e tutela online (ciò significa che non avrai bisogno di fare file e perdere tempo con la burocrazia).
Se sei vittima di un demansionamento ingiusto o illegittimo hai diritto anche ad ottenere in alcuni casi il risarcimento del danno.
Se vuoi ottenere la tutela che ti spetta, affidati a noi.
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